Cani legati alla catena: è lecito?

Occorre domandarsi se è possibile tenere il cane legato alla catena, a quali condizioni, e se vi sono norme che vietano e puniscono questo comportamento.
Avv. Elisa Scarpino

Avv. Elisa Scarpino

Responsabile rivista online "Diritto degli animali. Profili etici, scientifici e giuridici".

Newsletter

Iscriviti per ricevere ogni giovedì via email i nostri aggiornamenti.​

Cliccando su "ISCRIVIMI" acconsenti al trattamento dei tuoi dati personali per l'invio dell'email settimanale. Potrai cancellarti in qualsiasi momento. Leggi l'informativa.

Cani tenuti legati alla catena: una prassi spesso attuata da proprietari che detengono l’animale relegato in giardino, con una limitata possibilità di movimento, affinché questo adempi ad una funzione di guardia o non “rovini” altre zone oltre a quella stabilita.

Occorre domandarsi se è possibile tenere il cane legato alla catena, a quali condizioni, e se vi sono norme che vietano e puniscono questo comportamento.

Innanzitutto, è necessario visionare la regolamentazione regionale e comunale vigente nella regione e nella città in cui ci si trova.


Se vi trovate in Lombardia

Per la regione Lombardia, ad esempio, il Regolamento Regionale del 13 aprile 2017, n. 2 (Regolamento di attuazione delle disposizioni di cui al Titolo VIII, Capo II, della L. R. 33/2009 recante norme relative alla tutela degli animali da affezione e prevenzione del randagismo)”, all’art. 6, “Responsabilità e doveri generali del detentore di un animale d’affezione”, comma VI, così stabilisce:

«È vietato tenere i cani alla catena o applicare loro qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie certificate da un veterinario, con specificazione della diagnosi e della durata del trattamento, o per temporanee ragioni di sicurezza. È in ogni caso vietato agganciare la catena a collari a strozzo».


A Torino

Quanto alla normativa comunale, è possibile citare il Regolamento del Comune di Torino per la Tutela ed il benessere degli animali in città, approvato l’11 aprile 2006, che, all’art. 20,v “Divieto di detenzione a catena”, prescrive quanto segue:

«1. È vietato detenere cani legati od a catena se non in casi di effettiva e particolare necessità e secondo quanto stabilito dal successivo comma 2.

2.  Se indispensabile, l’uso della catena deve comunque essere assicurato all’animale il libero movimento con possibilità di raggiungere comodamente i contenitori dell’acqua, del cibo ed il riparo. La catena, munita di due moschettoni rotanti all’estremità, dovrà essere agganciata con un gancio scorrevole ad un cavo aereo posto ad altezza di almeno due metri da terra e la cui lunghezza sia di almeno cinque metri. La lunghezza della catena deve essere pari ad almeno due volte l’altezza da terra del cavo aereo e comunque mai inferiore a cinque metri. Ai cani detenuti a catena deve essere assicurata la possibilità di movimento libero per almeno una ora al giorno. È comunque vietato l’uso del collare a strozzo.

3. Qualora il cane sia detenuto in spazio delimitato, esclusi i canili, questo deve avere una dimensione minima pari a quindici metri quadrati per ogni capo di età superiore ai 180 giorni»


A Bari

Tra le città del sud Italia, il Regolamento comunale per la tutela dei diritti degli animali, approvato a Bari il 26 aprile 2010, all’art. 22, “Divieto di detenzione a catena”, analogamente, prevede:

«1. È  vietato detenere cani legati o a catena se non in casi di effettiva e particolare necessità e secondo quanto stabilito dal successivo comma 2.

2. Se indispensabile, l’uso della catena deve comunque essere assicurato all’animale il libero movimento con possibilità di raggiungere comodamente i contenitori dell’acqua, del cibo ed il riparo. La catena, munita di due moschettoni rotanti all’estremità, dovrà essere agganciata con un gancio scorrevole ad un cavo aereo posto ad altezza di almeno due metri da terra e la cui lunghezza sia di almeno cinque metri. La lunghezza della catena non dovrà essere inferiore a cinque metri o maggiore in relazione allo spazio disponibile e tenuto conto del benessere animale. È comunque vietato l’uso del collare a strozzo.


Le sanzioni

La violazione della normativa regolamentare comporta il rischio dell’applicazione di una sanzione pecuniaria. Non solo: anche il Codice Penale punisce la detenzione dell’animale tenuto a catena. Vediamo in quali casi, ripercorrendo alcune pronunce giurisprudenziali.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8036 del 20 febbraio 2018, ha confermato la condanna a sei mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena a causa dei precedenti penali esistenti, già mitigata dalla Corte di Appello, per il reato di maltrattamento di animali di cui all’art. 544 ter c.p., emessa nei confronti di un uomo per aver tenuto un pastore tedesco isolato, in catena per vari giorni, in scarse condizioni igienico sanitarie, senza somministrazione di acqua né cibo e senza riparo nel mese di gennaio (periodo in cui è ragionevole pensare che le temperature siano estremamente rigide ed inadeguate al benessere dei cani in assenza di idonee forme di protezione).

L’animale, al momento in cui è intervenuto il veterinario, presentava uno stato di magrezza e deperimento avanzato tanto che lo stesso subiva un “collasso” e non era in grado di reggersi sulle quattro zampe né di alimentarsi.

Secondo la Corte, «è indubbio che integri il concetto di sevizie e comportamenti incompatibili con le caratteristiche dell’animale, e pertanto sia già di per sé fattore tale da costituire l’elemento materiale del reato contestato il tenere lo stesso, per periodi considerevoli di tempo, in isolamento, legato in uno spazio angustamente circoscritto, senza cure igieniche né somministrazioni alimentari e senza un’adeguata protezione dalle intemperie, con ricaduta sulla sua integrità. È, infatti, nozione di comune esperienza il dato secondo il quale il cane sia di per sé un animale gregario, destinato cioè a vivere – seppure in abituali condizioni di sostanziale cattività – non isolato ma in comunione con altri soggetti, comunemente rappresentati, data la oramai millenaria consuetudine che tale bestia ha con la specie umana, da uomini nei cui confronti esso non di rado riversa, in un’auspicabile mutua integrazione, i segni evidenti della propria sensibile affettività, dovendo, peraltro, ricevere dall’uomo, ove sia instaurato con esso un rapporto di proprietà, le necessarie cure ed assistenze».

È, pertanto, evidente, proseguono gli Ermellini, come sia contrario alle ormai radicate caratteristiche etologiche della bestia in questione, il trattamento che, con insindacabile accertamento in punto di fatto, la Corte anconetana ha verificato essere stato riservato al cane dall’imputato.

Analogamente, la Suprema Corte, con sentenza del 6 luglio 2011 n. 26368, ha confermato la condanna alla pena della multa di euro 5.000,00 pronunciata nei confronti di un sessantasettenne per il reato di cui all’art. 544 ter c.p. per aver tenuto i propri cani legati ad una catena troppo corta, tanto che presentavano abrasioni al collo, con l’unico riparo dato dalla pala di un trattore in mezzo al fango ed a rifiuti ferrosi.


Non solo cani

La Corte di Cassazione si è espressa, con la sentenza n. 10164 del 6 marzo 2018, sul ricorso presentato dal gestore di un circo ritenuto responsabile dal Tribunale di Alessandria per aver detenuto cinque elefanti in catene, limitandone anche i movimenti più elementari, per il reato di cui all’art. 727, secondo comma, c.p., “Abbandono di animali”, e confermando la condanna al pagamento di euro 2.000,00 di ammenda.

Nel caso di specie, gli animali erano legati con catene corte che ne impedivano i movimenti ed erano stati trovati in tale situazione all’interno del tendone dove venivano ricoverati per la notte, senza che vi fossero operazioni di pulizia in programma o in corso.

Dall’esame della normativa e dalle sentenze riportate si evince come detenere un cane, o un altro animale, in catena costituisca un reato quando sia duraturo, quando la catena sia troppo corta, ed incompatibile con le caratteristiche ed il benessere della bestiola in questione, senza che rilevi ai fini penali e/o amministrativi la detenzione dell’animale in catena qualora sia temporanea, ad esempio, per la pulizia dei box, o indispensabile per altre ragioni ed, ad ogni modo, attuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla regolamentazione prevista nella zona di appartenenza.


Come comportarsi

Se vedete un animale sempre alla catena, magari troppo corta, potete segnalarlo alle autorità competenti che svolgeranno tutti gli adempimenti necessari e richiesti dal caso specifico.

Non perderti i nostri aggiornamenti!

Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti direttamente via email: comodo, no?

Dona il tuo 5x1000 ad ALI

Insieme possiamo cambiare il futuro degli animali