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Passeggiate nei boschi a sei zampe: come devo comportarmi?

Avv. Alessandro Ricciuti

Avv. Alessandro Ricciuti

Presidente di Animal Law Italia.

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Dalla primavera fino all’autunno cresce la voglia di gite ed escursioni fuoriporta e la compagnia di un amico a quattrozampe non può che amplificare il piacere di una passeggiata tra boschi e sentieri di montagna. Dobbiamo però chiederci quali sono le regole da seguire per evitare di incorrere in sanzioni o provocare incidenti quando andiamo per boschi e sentieri.

Ci siamo già occupati dell’annosa questione dell’accesso ai parchi pubblici in area urbana, spiegando come non vi siano regole certe valide su tutto il territorio nazionale, con regioni e comuni “virtuosi” nei quali l’accesso ai parchi cittadini (e non solo) è consentito e altri nei quali in teoria sono vigenti ancora divieti di accesso risalenti a tempi passati e oramai considerati “antipatici” e antiquati. Avevamo anche spiegato che la giurisprudenza sta iniziando ad annullare questi divieti, giudicandoli eccessivi, fatto salvo l’obbligo di condurre l’animale con collare (meglio ancora se usiamo la pettorina) e guinzaglio, potendolo liberare solo in apposite aree delimitate e attrezzate a tale scopo. Si tratta peraltro di una cautela necessaria anche secondo buon senso, stante anche la presenza di bambini e anziani.

In un altro articolo avevamo delineato le prescrizioni generali da tenere a mente per condurre il nostro cane in un contesto urbano, a partire dagli obblighi essenziali di fargli indossare collare (o pettorina) e guinzaglio e munirci di museruola (obbligo spesso disatteso). Avevamo anche precisato che sarebbe opportuno munirci di una bottiglietta d’acqua quando usciamo in passeggiata: si tratta di una piccola accortezza per tutelare il decoro urbano ed evitare disagi a chi passa dopo di noi per la strada, che non è (ancora) obbligatoria per legge ma caldamente consigliata. Attenzione però, perché in alcuni comuni questa regola è stata elevata a vero e proprio obbligo da ordinanze e regolamenti locali, la cui violazione è punita da sanzioni anche salate.

Va ribadito che per espressa previsione normativa, queste prescrizioni sono applicabili esclusivamente alle passeggiate nelle aree urbane, mentre se vogliamo avventurarci in zone extraurbane non vigono particolari imposizioni. Questo significa che nei sentieri di campagna o montagna dovrebbe essere sempre possibile sguinzagliare il proprio cane e farlo scorrazzare liberamente. Il condizionale è d’obbligo, perché dovremo sempre verificare la presenza di eventuali prescrizioni locali o speciali, quali quelle previste dai regolamenti dei parchi naturali che ci trovassimo ad attraversare, che potrebbero disporre diversamente o persino vietare di introdurre animali, anche se tenuti al guinzaglio e con museruola.

Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, ad esempio, dedica una pagina dettagliata del proprio sito alle prescrizioni che riguardano l’introduzione dei cani nel territorio del Parco. Scopriamo così che «I cani possono essere condotti, sempre al guinzaglio, solo nelle aree di fondovalle e, dal 15 luglio al 15 settembre, lungo alcuni sentieri stabiliti in base al Regolamento del Parco. […] Si precisa che in tutte le altre zone non è possibile portare il proprio cane». La stessa pagina si premura di spiegare il motivo di queste prescrizioni così ferree:

«I cani non possono circolare liberamente nel Parco per due principali ragioni. La prima riguarda i disturbi diretti che i cani, non tenuti al guinzaglio, potrebbero arrecare alla fauna selvatica (in particolare camosci e stambecchi, ma anche marmotte e altri mammiferi o uccelli), con inseguimenti o tentativi di cattura (cause di forte stress per gli animali), se non di uccisioni. La seconda ragione del divieto è di tipo sanitario. I nostri cani sono vettori di molte pericolose patologie per la fauna selvatica, alcune di queste sono anche delle zoonosi, cioè malattie che possono passare dall’animale all’Uomo».

Anche il regolamento del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise limita l’accesso ai cani nelle aree di fondovalle, purché rigorosamente condotti al guinzaglio. Regolamentazioni analoghe possono essere in vigore negli altri parchi nazionali o regionali, aree faunistiche e riserve protette e sono in genere indicate su cartelli nei punti di accesso. Il consiglio però è di informarsi prima di partire cercando online il regolamento o le pagine informative del sito internet del parco dove vogliamo andare (o telefonando in caso di mancanza di informazioni online), così da non farsi cogliere alla sprovvista ed evitare di essere ripresi dai guardaparco, che potrebbero anche applicare sanzioni salate.

In Trentino, invece, è opportuno tenere il cane al guinzaglio nelle zone boschive, considerata la presenza di orsi che potrebbero infastidirsi e inseguirlo, diventando così pericolosi. L’orso normalmente non costituisce una minaccia per l’uomo ma se si vede attaccato reagisce in modo violento. Oltretutto, un cane inseguito da un orso tornerebbe verso di noi, costringendoci a una fuga precipitosa nella boscaglia, esperienza non certo piacevole.

In questo ultimo caso, l’utilizzo del guinzaglio deriva dall’applicazione di una regola di buon senso dettata dal particolare contesto, più che da un obbligo di legge.

Da ultimo, occorre ribadire che anche laddove non vi siano limiti e divieti espliciti, il proprietario o detentore dovrà sempre rispettare gli obblighi generali di custodia e vigilanza ai quali è sempre tenuto in qualsiasi momento e contesto. In parole semplici, anche se siamo in un ambiente dove non ci sono altri esseri umani o animali, dobbiamo evitare di liberare il nostro cane e perderlo di vista, perché restiamo sempre responsabili di tutti gli eventuali danni che potrebbe provocare.

Cosa accade se il cane ferisce o preda un animale selvatico?

Dobbiamo ricordarci che la fauna selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata dalla legge, che prevede specifici divieti e sanzioni a carico di chi uccide, cattura o detiene esemplati della fauna selvatica protetta. Nel caso in cui il nostro cane ferisca o predi un animale selvatico perché lasciato libero in un’area protetta o comunque in una zona del territorio dove vivono esemplari di fauna selvatica come conigli, lepri, stambecchi, cervi etc, l’incauto proprietario potrebbe rispondere — per omesso controllo — dei reati di uccisione e maltrattamento di animali, puniti con la reclusione nei casi più gravi.

La regola base è quindi di restare all’erta e non distrarci anche nei posti più isolati, perché potremmo non essere davvero soli: magari gli animali selvatici sono nascosti nelle loro tane e non li vediamo, tuttavia il bosco è sempre un ambiente abitato, nel quale il nostro cane potrebbe far prevalere i propri istinti predatori, se non adeguatamente sorvegliato.

Come diceva Henry David Thoreau, «All good things are wild and free» (tutte le cose buone sono libere e selvagge).

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