Gli animali diventeranno donatori di organi umani?

È di questa settimana la notizia della creazione di un embrione ibrido pecora-uomo, che contiene una cellula umana ogni 10.000 cellule di pecora. Le riflessioni di Paola Sobbrio.
Paola Sobbrio

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È di questa settimana la notizia della creazione di un embrione ibrido pecora-uomo. Quest’embrione contiene una cellula umana ogni 10.000 cellule di pecora.

Tuttavia prima di addentrarmi nell’analisi di questa nuova “tecnica” è necessario ripercorrere brevemente le tappe che hanno condotto a questo ibrido.

Innanzitutto, occorre ricordare che nell’ambito delle biotecnologie vi sono due visioni totalmente contrapposte: una che plaude a qualunque nuova scoperta o nuova tecnica che la scienza propone considerandola un avanzamento nel campo scientifico, l’altra, invece, che considera la manipolazione del vivente come un’alterazione del normale processo della natura. Tra coloro che hanno quest’idea vi sono sia quelli che prendono posizione soltanto quando la tecnica o la ricerca o la scoperta attiene alla manipolazione della materia vivente umana sia coloro che si oppongono alla manipolazione del vivente indipendentemente dal fatto che esso sia un animale umano o non umano.

Le biotecnologie sugli esseri viventi hanno creato un’enorme distanza tra il concetto di natura e quello di tecnica.

Senza voler approfondire la problematica etica, immensa, che ruota intorno alla manipolazione del vivente, mi limito a ricordare che il primo organismo complesso transgenico è stato un topo, per la precisione l’Oncomouse, creato negli anni ’80 per riprodurre i tumori tipici dell’uomo. Da quel momento in poi, l’ingegneria genetica applicata agli animali ha spaziato in tutti i modi possibili tra tutte le specie possibili per il raggiungimento di tutti i fini possibili. Ciò che oggi la ricerca scientifica, sotto forma di sperimentazione, fa agli animali, quando parliamo di biotecnologia è ciò che nel 2001 il sociologo Mike Michael ha definito “creazione tecnoscientifica su misura”

Le biotecnologie applicate all’animale rappresentano, infatti, l’idea dell’animale come prodotto portata alle sue estreme conseguenze. L’animale non umano è infatti considerato sempre un prodotto, un mezzo attraverso il quale l’animale umano ottiene dei prodotti la maggior parte dei quali costituiscono cibo, ma anche pelli, pellicce, divertimento, statistiche, farmaci, pubblicazioni, premi, finanziamenti etc…

Nel caso di questo ibrido pecora-uomo ma anche degli xenotrapianti i prodotti che si ottengono sono organi, cellule, tessuti.

Volendo prescindere dal discorso prettamente etico e rimanere in quello giuridico bisogna dire che le normative per la protezione degli animali bio-ingegnerizzati sono del tutto  assenti. A questo fine possiamo fare riferimento alla direttiva 98/44 CE sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche ed alla direttiva 2010/63 UE sulla protezione degli animali usati a fini scientifici. In entrambi i casi queste normative non tutelano specificatamente il benessere degli animali creati in seguito ad intervento sul genoma o incroci o  ibridazioni.  Per capire cosa si muove intorno alla creazione di questo Ibrido però ci possiamo rifare allo Human fertilization and embriology act inglese nella versione emendata del 2008 (ìParte I art 4a) che ha concesso la creazione (non a fini riproduttivi) di diversi tipi di admixed embryos, ossia embrioni che pur contenendo varie combinazioni di materiale animale ed umano sono prevalentemente umani. Tra questi rientrano:

  1. Gli ibridi uomo-animale derivati dall’utilizzo di uova umane e sperma di animale o uova di animale e sperma umano;
  2. I cibridi (embrioni citoplasmatici ibridi);
  3. Gli embrioni umani transgenici (cioè embrioni umani con geni animali inseriti in un primo stadio di sviluppo);
  4. Gli embrioni chimerici umani-animali (cioè embrioni umani in cui sono inserite cellule animali, sempre nel primissimo sviluppo).

Queste forme miste di embrioni vengono distrutte entro 14 giorni dalla loro creazione tanto che è vietato espressamente il loro impianto. Ciò che più somiglia tra le tecniche prima menzinate, come idea, all’embrione pecora-uomo sono i cibridi, i quali avendo il 99,9% del patrimonio genetico umano e solo l’ 0,1% animale, sono quella forma di embrioni misti che ha sollevato, più di tutte le altre, problemi etici-ontologici. La necessità della creazione di questi cibridi si è resa necessaria a causa della difficoltà di avere a disposizione ovociti umani conseguentemente alla difficoltà di ottenerli. I cibridi, infatti, si ottengono estraendo il nucleo di una cellula adulta umana ed inserendola nel citoplasma di una cellula uovo animale precedentemente enucleata.

Ciò che rimane a livello genetico dell’animale sono esclusivamente i mitocondri. Il cibrido a questo punto verrà attivato da uno shock elettrico e da quel momento inizierà la normale divisione e moltiplicazione cellulare. Questo tipo di ricerca è stata necessaria al fine di ottenere cellule staminali embrionali autologhe senza incorrere in problemi di tipo etico. A questo punto sorge una domanda, ossia come è  stato possibile ottenere cellule uovo di animale, visto che il loro di prelevamento  comporta la stessa difficoltà di quelle umane, senza che questo abbia sollevato dilemmi etici? La risposta è perché sono “solo” animali.

Ciò cui ci rimanda l’ibrido pecora-uomo è anche lo xenotrapianto. Lo xenotrapianto, infatti, è il cosiddetto trapianto di organi e tessuti tra specie diverse. Negli ultimi due decenni questo termine è stato riferibile al trapianto di organi provenienti da maiali transgenici destinati all’uomo. Attualmente, però, a causa di problemi relativi alla diffusione di retrovirus di cui il maiale è portatore gli unici xenotrapianti che vengono effettuati sono quelli di tessuti e cellule. La ricerca va avanti attualmente impiantando gli organi di maiale su sfortunati babbuini. Le differenze tra lo xenotrapianto classico e l’ibrido pecora-uomo sono presto dette.  Nel primo caso il maiale è stato geneticamente modificato per evitare il rigetto iperacuto dell’organo suino da parte del ricevente umano, ma nel caso dell’embrione ibrido pecora-uomo gli organi che si svilupperanno nella pecora saranno fondamentalmente organi umani.

Quello che è stato fatto nella creazione dell’ibrido pecora-uomo è l’esatto contrario di ciò che si ottiene con la modifica genetica del suino “donatore” di organi ed è anche diverso dal cibrido dove la componente genetica umana è prevalente al contrario dell’embrione ibrido pecora-uomo.Infatti, la creazione di questo ibrido, distrutto dopo quattro settimane dalla sua creazione, ha come obiettivo quello di far crescere organi umani negli animali.

Tuttavia, poiché le cellule umane sono una percentuale molto inferiore rispetto a quella delle cellule animali non è escluso che anche in questo caso si possa verificare il problema del rigetto iperacuto nel ricevente umano. Il rigetto iperacuto è, infatti, il motivo per il quale sono stati modificati i maiali ai fini dello xenotrapianto.Mi sorge, pertanto, un dubbio ossia che a causa dei retrovirus di cui i maiali sono portatori, un problema non facilmente superabile, si stia cercando un’altra strada, non è infatti  un caso che prima della creazione dell’embrione ibrido pecora-uomo si sia creato un embrione ibrido maiale-uomo con un rapporto di una cellula umana a 100.000 rispetto a quella del maiale. I ricercatori avranno ben pensato che se il problema del retrovirus esiste ed è il problema principale nella creazione di animali come donatori di organi cambiando specie si possa  tentare di arginare il problema della trasmissione di virus e del salto di specie di virus da una specie ad un’altra. Pertanto, molto probabilmente si sta usando la pecora per aggirare problemi sorti con l’uso del maiale, non ultimo il problema della difficoltà e del relativo costo nell’ottenere maiali che esprimano la modifica genetica desiderata.

Dal punto di vista etico non cambia assolutamente nulla, dal punto di vista giuridico neanche poiché la normativa come detto prima è assolutamente carente, dal punto di vista tecnico e scientifico sarebbe bello se la comunità scientifica si aprisse al dialogo e spiegasse che, è una mia ipotesi ma non credo si discosti tanto dalla realtà, lo xenotrapianto da maiale ha fallito, ma ammettere questo significherebbe ammettere di aver sacrificato, e fatto soffrire, tantissime vite di maiali e scimmie per qualcosa che già era conosciuto nella comunità scientifica ossia l’impossibilità di evitare i retrovirus, significherebbe, altresì, ammettere che anche utilizzando la pecora non si può escludere il salto di specie di virus e significherebbe anche dover spiegare cosa accadrebbe a livello di tutela della salute collettiva. Ricadiamo dunque nel diritto perché ci ritroviamo a fare i conti con le lacune spesso ampie del consenso informato individuale ed amplissime del consenso collettivo. Ci ritroviamo in un campo in cui si decide di limitazioni di libertà e per una volta volendo uscire dalla cappa antropocentrica, in cui la nostra società si trova immersa, sarebbe bello se si iniziasse a parlare seriamente della libertà di tutti gli animalie non solo di quelli umani e perchè no si iniziasse a mettere in discussione la stessa validità della sperimentazione animale.

Come scrive Sheila Jasanoff in L’innovazione tra utopia e storia, Codice edizioni:

«Parafrasando il celebre incipit di letto sto in Anna Karenina, si potrebbe dire che tutti i futuri felici si somigliano, mentre il passato e infelice in tanti modi diversi. Tolstoj scriveva di famiglie matrimoni anche nel nostro caso il soggetto il matrimonio va a di un tipo radicalmente diverso. Si tratta dell’unione delle società umane con le tecnologie per plasmare scenari futuri che non sarebbero stati inimmaginabili appena cinquant’anni fa nelle nostre relazioni con la tecnologia, come nei rapporti umani, i matrimoni d’amore spesso non si rivelano affatto migliori di quelli di convenienza. Quando le nuove tecnologie sono in fase di costruzione, il nostro attaccamento nei loro confronti appare gravido di promesse, e il futuro che ci si dispiega ha di fronte è roseo. Eppure queste relazioni d’amore con il tempo si esauriscono. Ciò che in prospettiva sembra allettante, spesso nella pratica si rivela mal concepito, quando non addirittura catastrofico… Nel produrre sempre più beni tecnologici, inevitabilmente ci confrontiamo con domande sulla libertà e limite, sull’inclusione l’esclusione: gli sviluppi previsti saranno in grado di aumentare la libertà o la limiteranno? Ineguaglianza, ingiustizia infelicità sono destinate ad aumentare o diminuire? Pertanto prevedere in che modo le tecnologie influiscono sulla società non è un problema che riguarda solo la scienza e l’Expertise e altrettanto importante per la democrazia che questa funzione sia soltanto meglio».


Articolo già pubblicato sul sito dell’autrice (www.paolasobbrio.it).

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