Vegano è meglio: una questione di impatto

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Food mostra come, nel Regno Unito, una dieta plant-based causi meno danni all’ambiente. Dati utili che andranno perfezionati e approfonditi.
Ella Olsson/Pexels

Vegana, vegetariana, pescetariana e onnivora. Sono questi i tipi di alimentazione esaminati dal punto di vista dell’impatto ambientale nello studio condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford e pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Nature Food, del gruppo Nature. Questa analisi di dati raccolti nel Regno Unito, seppur perfezionabile, è un tassello in più a favore di un cambiamento delle nostre abitudini, non solo per motivazioni etiche, ma anche per riuscire a prenderci cura del Pianeta in cui viviamo.

La ricerca pubblicata su Nature Food

Per comprendere l’impatto ambientale delle scelte alimentari, nelle sue differenti declinazioni, sono solitamente usati modelli matematici che talvolta approssimano le reali abitudini dei consumatori. Un altro aspetto non valutato in precedenza sono l’origine e i metodi di produzione degli alimenti, fattori che sono stati invece presi in considerazione dallo studio pubblicato su Nature Food. In questo caso gli scienziati hanno collegato i dati sui regimi alimentari seguiti da 55.504 inglesi tra vegani, vegetariani, pescetariani e onnivori (divisi, a loro volta, in consumatori che mangiano un alto, medio o basso quantitativo di carne), con i valori relativi alle emissioni di gas serra, all’uso del suolo, dell’acqua, al rischio di eutrofizzazione e alla potenziale perdita di biodiversità, ricavati da una review contenente 570 valutazioni del ciclo di vita di prodotti di 38.000 aziende agricole in 119 paesi sui 5 continenti.
Quando parliamo di eutrofizzazione intendiamo un processo che porta all’eccessiva crescita e sviluppo di alghe, legata alla presenza sovrabbondante di sostanze nutritive come composti dell’azoto e/o del fosforo.
La valutazione del ciclo di vita, invece, è un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati a un prodotto, un processo o un’attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al “fine vita”.

Il minore impatto ambientale di una dieta vegana

In generale, i risultati dello studio — ottenuti elaborando i dati a disposizione con metodi statistici — mostrano che le diete vegane hanno prodotto il 75% in meno di emissioni di gas serra, di inquinamento delle acque e di uso del suolo rispetto ai regimi alimentari in cui sono stati consumati più di 100 g di carne al giorno. Un’alimentazione plant-based riduce anche la distruzione della fauna selvatica del 66% e il consumo di acqua del 54%.
Le diete a basso contenuto di carne — meno di 50 grammi al giorno — hanno avuto la metà dell’impatto delle diete ad alto contenuto di carne sulle emissioni di gas serra, sull’inquinamento delle acque e sull’uso del suolo. Inoltre, le differenze tra un’alimentazione povera di carne, pescetariana e vegetariana erano relativamente piccole. Su The Guardian, l’autore principale dello studio, Peter Scarborough, professore di Population Health all’Università di Oxford, ha dichiarato: «Le nostre scelte alimentari hanno un grande impatto sul Pianeta. Ridurre la quantità di carne e latticini nella tua dieta può fare una grande differenza per la tua impronta alimentare».

Punti di forza e limiti dello studio

Ci sono particolari punti di forza in questa pubblicazione: utilizza uno dei più grandi set di dati disponibili sui regimi alimentari di vegani e vegetariani per confrontarne l’impatto ambientale, osservandone l’effetto su numerosi indicatori. Come accennavamo all’inizio, nell’analisi sono stati considerati anche origine e metodi di produzione degli alimenti.

Ci sono, però, alcuni limiti — segnalati dagli stessi autori dello studio — che andranno superati con nuove raccolte di dati ed elaborazioni. Ad esempio, i dati sull’impronta ambientale degli alimenti sono tratti da un’istantanea dei cibi e bevande in vendita nel Regno Unito nel 2019, collegata al set più completo di valutazione del ciclo di vita sull’impatto ambientale degli alimenti attualmente disponibile. Invece, le informazioni sul consumo alimentare sono state raccolte negli anni Novanta ed è probabile che, da allora, le preferenze alimentari siano cambiate.

Sempre il database di cibi e bevande in vendita nel 2019 non è stato adeguato alla percentuale di vendite, quindi non è stato dato un peso differente agli alimenti consumati più comunemente. Inoltre, i risultati sono stati standardizzati su un regime alimentare giornaliero da 2000 kcal, affinché i risultati riflettessero l’impatto della composizione della dieta e non della quantità di calorie. In questo modo, però, potrebbe essere sottostimata un’altra delle differenze emerse tra abitudini alimentari: infatti, sempre secondo i dati raccolti nel Regno Unito, coloro che si nutrono anche di carne tendono a consumare più calorie rispetto ai vegani e vegetariani.

Nuove analisi potranno fornirci una visione ancora più precisa dell’influenza che esercitano le nostre scelte alimentari sull’ambiente.

Secondo i ricercatori modificare le abitudini alimentari può dare un contributo sostanziale alla riduzione dell’impronta ambientale del Regno Unito, luogo in cui sono stati raccolti i dati utilizzati. Inoltre l’incertezza dovuta alla regione di origine e ai metodi di produzione alimentare sembra non pesare troppo sulle differenze tra scelte alimentari e non dovrebbe frenare qualsiasi azione politica volta a ridurre il consumo di prodotti di origine animale.

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