Il risarcimento del danno causato dagli animali domestici (art. 2052 c.c.)

Non tutti i danni meritano un risarcimento. Commento all'art. 2052 c.c.
Valentina Masini

Valentina Masini

Laureata in Giurisprudenza a Pisa, collabora presso uno studio legale specializzato in diritto civile. Fervente cinofila, nel tempo libero fa volontariato per associazioni locali.

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Se condividete la casa con un cane vi sarà indubbiamente capitato di leggere, con rabbia e stupore, le notizie di cronaca che riportano le “incredibili” richieste di risarcimento danni avanzate dall’incauto ladro ferito dal cane di guardia presente nell’abitazione.

Se poi anche voi, come me, navigate in rete e soprattutto sui social network, vi sarete accorti che il sentimento di rabbia è largamente condiviso. Scrive ad esempio il veterinario di Bergamo1Eco di Bergamo notizia del 03/02/2016: “Entra in casa (altrui), il cane lo azzanna e lui che fa? Chiede anche i danni…”. che è intervenuto proprio in un analogo caso:

«Ieri un mio cliente, proprietario di un dobermann, è stato convocato dalla Polizia di Stato poiché il ladro che nella notte precedente ha cercato di entrare in casa ed è stato morso dal suddetto cane ha sporto denuncia e vuole essere rimborsato per il morso subito. Mi raccomando, insegnate ai vostri cani ad accogliere scodinzolando i malfattori in casa, insegnate loro le buone maniere e magari a condividere i biscotti con i ladruncoli, perché se mordono sono guai seri»

Ebbene, pur essendo comprensibile la tremenda sensazione di ingiustizia che caratterizza la lettura di questo tipo di notizie, è bene fare chiarezza su tale punto, perché non è affatto vero che tutti i morsi, ed in generale, tutti i danni causati dal proprio cane devono essere risarciti.

Quando si è tenuti a risarcire il danno? Per rispondere alla domanda, bisogna innanzitutto tenere bene a mente l’art. 2052 c.c. che individua i soggetti e i casi in cui il padrone dell’animale è responsabile per i danni causati a terzi dall’animale.

Chi è responsabile dei danni?

Art. 2052 c.c. «Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso…».

Il tenore letterale della disposizione individua chiaramente una responsabilità alternativa tra il proprietario e colui che “utilizza” l’animale, pertanto la responsabilità di uno dei due soggetti esclude quella dell’altro.

In genere non si presentano particolari difficoltà nell’individuazione del soggetto obbligato al risarcimento del danno poiché, normalmente, il proprietario dell’animale risulta essere colui che se ne prende cura. Inoltre, nel caso in cui non si sia a conoscenza dell’identità del proprietario, essendo previsto l’obbligo d’iscrizione all’anagrafe canina (Legge n. 281/1991), lo stesso può essere agevolmente identificato mediante la lettura del chip posto usualmente sul collo dell’animale.

Si sono invece presentate numerose incertezze interpretative riguardanti l’individuazione del soggetto obbligato in quanto utilizzatore dell’animale (“chi se ne serve”).

In generale, tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria ha stabilito che il trasferimento della responsabilità dal proprietario ad un terzo, c.d. utilizzatore o utente, sussiste quando:

– Il proprietario si spoglia temporaneamente della facoltà di far uso dell’animale in favore di un terzo e, pertanto, perde la propria diretta ingerenza sull’animale; si pensi ad esempio al caso in cui si noleggi un cavallo per recarsi “in passeggiata” fuori dal maneggio, in tale ipotesi non sarà considerato responsabile il proprietario dell’animale ma il “cavaliere” che nel caso di specie2Trib. Asti, 31-12-1992 (in Riv. dir. sport., 1993, p. 746)..

– Il terzo usa l’animale per soddisfare un proprio autonomo interesse, non necessariamente coincidente con quello del proprietario, ma conforme alla naturale destinazione economico-sociale dell’animale stesso. Il classico esempio di tale ipotesi si identifica nella figura del mezzadro che è costantemente ritenuto responsabile per i danni provocati dagli animali in dotazione del fondo, in quanto unico o principale fruitore delle utilità offerte dagli animali stessi impiegati per adempiere all’obbligo di coltivazione del podere3Cass.21-6-1958, n. 2185, in Giur. it., 1958, I, 1, 1375; Cass. 15-4-1959, n. 1115, in Foro it., 1960, I, 281; Cass., 9-12-1992, n. 13016.. È opportuno precisare che non rientrano in tale ipotesi e, quindi, non sono ritenuti responsabili i terzi che utilizzano l’animale per svolgere mansioni inerenti alla propria attività lavorativa qualora tale incarico gli sia stato affidato direttamente dal proprietario dell’animale4Cass. Civ., sez III, 28 aprile 2010, n. 10189.. Tale ultima precisazione non è di poco conto se si pensa alla figura del dog-sitter, dell’educatore, del toilettatore etc., in tali casi la responsabilità per i danni causati dal cane è sempre del proprietario, avendo quest’ultimo affidato il proprio animale al professionista proprio in virtù della sua attività lavorativa.

Il confine tra “utilizzatore responsabile” e “utilizzatore non responsabile” è comunque labile, e variegata è la casistica sul punto5“Il risarcimento del danno causato da animali” di Luca Scarone in www.studioleganexus.it.

Quando si è responsabili per il danno causato dal proprio animale?

Art. 2052 c.c. «…è responsabile dei danni cagionati dall’animale…»

Affinché operi la norma in esame, innanzitutto deve essersi verificato un danno, ossia una qualunque conseguenza negativa derivante dal verificarsi dell’evento (ad es. una lesione fisica, un danno alla salute propria o del proprio animale d’affezione).

Il proprietario dell’animale è tenuto, quindi, a risarcire il danno, nei soli casi in cui sussista un nesso di causalità tra l’evento lesivo e il comportamento del cane, ossia quando il danno subito dal terzo è causato da una azione dell’animale. Detto in altri termini, l’obbligo di risarcimento si configura solo quando il cane provoca con il suo comportamento un’effettiva diminuzione del patrimonio altrui, ad esempio, si sarà tenuti a risarcire il valore di un bene, se l’animale urtandolo lo danneggia.

L’art. 2052 c.c., inoltre, opera solo se il fatto materiale produttivo del danno è stato compiuto dall’animale stesso. Non si può, infatti, ritenere sussistente il nesso di causalità tra evento lesivo ed evento materiale, quando:

– l’animale non partecipa attivamente alla produzione del danno; il cane, infatti, non può essere considerato causa del danno se non pone in essere alcun tipo di comportamento. In ragione di ciò, il Tribunale di Milano, ad esempio, non ha ritenuto applicabile la norma in esame e, quindi, non risarcibile il danno subìto dal soggetto inciampato sul corpo di un cane accovacciato in modo ben visibile all’interno di un centro commerciale.

– l’animale è utilizzato come strumento/mezzo di una condotta finalizzata a cagionare il danno. Si pensi ad esempio a un cane aizzato contro il danneggiato: naturalmente è chi aizza il cane a “cagionare il danno” e non l’animale stesso, pertanto, in tale caso trova applicazione l’art. 2043 c.c. (Fatto illecito);

– l’animale è veicolo di malattie; anche in questo caso l’evento dannoso non dipende dall’azione materiale dell’animale ma dal comportamento colpevole del proprietario del cane che non ha provveduto a prestare sufficienti cure ed attenzioni al proprio animale. Pertanto, il proprietario del cane sarà tenuto a risarcire il terzo che abbia contratto una malattia a causa del suo comportamento negligente a norma dell’art. 2043 c.c. e non in base alla norma in esame6“Animali da compagnia: Tutele –Diritti – Responsabilità” a cura di Elena Bassoli, Maggioli Editore, 2003..

Quando NON si è responsabili?

Art 2052 c.c. « …sia che fosse sotto custodia, smarrito o fuggito, a meno che non si provi il caso fortuito».
La responsabilità prevista dall’art. 2052 c.c., infatti, configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva il cui presupposto risiede esclusivamente nell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra il fatto e l’evento animale.

Il proprietario (o l’utente) pertanto è responsabile, ai sensi dell’art. 2052 c.c., non a causa di un proprio comportamento o di una propria attività, ma in base alla sola relazione di proprietà (o di uso) esistente fra lui e l’animale. Tale affermazione non risulta di poco conto se si pensa che il proprietario (o l’utente) non possono evitare l’addebito di responsabilità provando di aver posto in essere tutte le precauzioni o le accortezze che ragionevolmente avrebbero dovuto adottare7Corte di Cassazione, 20 luglio 2011, n. 15895.. Non è infatti minimamente rilevante che il proprio cane fosse, al momento in cui ha causato il danno, sotto custodia, legato al guinzaglio, fornito di museruola, etc., poiché il proprietario (o l’utente) sarà comunque tenuto a risarcire il danno.

Tuttavia, il proprietario dell’animale può liberarsi dall’obbligo di risarcimento del danno se prova la sussistenza del c.d. caso fortuito. Che cosa è il caso fortuito? È un fattore esterno imprevedibile, eccezionale ed inevitabile, idoneo ad interrompere il nesso causale tra l’evento lesivo e l’azione dell’animale.

È importante sottolineare che il caso fortuito può essere integrato anche da un comportamento del danneggiato o di un terzo, ma in tal caso la condotta tenuta dal soggetto leso deve essere cosciente e deve assorbire l’intero rapporto causale. Si pensi, ad esempio, ad un soggetto che, pur avendo preso visone dei cartelli di pericolo, si rechi in un area privata recintata, ben chiusa, senza essere stato autorizzato dal proprietario e si avvicini troppo ad un cane che si mostra palesemente aggressivo; ebbene, in tal caso la responsabilità del danno subito non è imputabile al proprietario, ma al danneggiato stesso, che con il proprio comportamento ha integrato il c.d. “caso fortuito”.

Al contrario non è stato considerato caso fortuito, perché prevedibile e quindi non eccezionale, l’episodio di una bambina entrata all’interno di un giardino privato, recintato ma con un cancello facilmente apribile. La Corte di Cassazione ha, infatti, ritenuto che l’accesso al giardino dove era custodito il cane mordace non potesse considerarsi imprevedibile se addirittura una bambina di soli tre anni era riuscita ad accedervi8Corte di Cassazione, 20 luglio 2011, n. 15895..

Infine, è opportuno sottolineare che neanche l’imprevedibilità del comportamento dell’animale può costituire caso fortuito. Secondo la Corte di Cassazione la condotta anomala o impulsiva del cane non può esonerare dalla responsabilità il proprietario perché essa è sempre prevedibile e non eccezionale, essendo per definizione l’animale un essere privo di raziocinio9Corte di Cassazione, 9 aprile 2015, n. 7093.. Non aiuterà sostenere quindi che il proprio cane non avesse mai aggredito qualcuno, poiché in tali casi si sarà sempre tenuti a risarcire il danno.

Sulla stessa linea di ragionamento viene sostenuto che sussiste la responsabilità anche in caso di smarrimento o di fuga dell’animale in quanto accadimenti del tutto prevedibili. Con la sentenza n. 49690/2014 la Corte di Cassazione, ad esempio, ha trattato il caso di un cane che ha rotto la catena ed ha aggredito un passante, Secondo i Supremi Giudici «la circostanza che il cane abbia rotto la catena, sia fuggito e abbia aggredito un passante non esonera il proprietario da responsabilità poiché il proprietario ha sempre l’obbligo di verificare, per evitare danni a terzi, che la postazione del cane sia effettivamente sicura».

In conclusione, la responsabilità del danno causato dal nostro animale cade quasi sempre su noi proprietari (escluso nei rari casi in cui riusciamo a dimostrare il verificarsi del caso fortuito) in quanto il legislatore ha voluto tutelare maggiormente il danneggiato a discapito del “danneggiante”. Tuttavia, nel caso in cui un ladro acceda al vostro appartamento al fine di svaligiarlo, essendo entrato in contatto con il cane a seguito di un attività illecita ed essendo venuto in contatto con l’animale per propria volontà, non ha alcun diritto al risarcimento danni.

Note

  • 1
    Eco di Bergamo notizia del 03/02/2016: “Entra in casa (altrui), il cane lo azzanna e lui che fa? Chiede anche i danni…”.
  • 2
    Trib. Asti, 31-12-1992 (in Riv. dir. sport., 1993, p. 746).
  • 3
    Cass.21-6-1958, n. 2185, in Giur. it., 1958, I, 1, 1375; Cass. 15-4-1959, n. 1115, in Foro it., 1960, I, 281; Cass., 9-12-1992, n. 13016.
  • 4
    Cass. Civ., sez III, 28 aprile 2010, n. 10189.
  • 5
    “Il risarcimento del danno causato da animali” di Luca Scarone in www.studioleganexus.it
  • 6
    “Animali da compagnia: Tutele –Diritti – Responsabilità” a cura di Elena Bassoli, Maggioli Editore, 2003.
  • 7
    Corte di Cassazione, 20 luglio 2011, n. 15895.
  • 8
    Corte di Cassazione, 20 luglio 2011, n. 15895.
  • 9
    Corte di Cassazione, 9 aprile 2015, n. 7093.

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